Un articolo di Lucas Shaw uscito qualche giorno fa su Bloomberg, che avevo citato qui, ha suscitato parecchio interesse nel mondo dei media.
Il titolo, in effetti, è succosissimo: Podcasting Hasn’t Produced A New Hit in Years.
Ci sono diversi modi di affrontare la questione.
Secondo Nick Hilton, per esempio, il problema deriva dalla mancanza di podcaster in grado di catalizzare l’attenzione e creare un’audience (figure come Pablo Trincia e Matteo Caccia, per intenderci). Per dare vita a un podcast di successo – è la tesi di Hilton – bisogna innanzitutto investire sulle persone, scovare talenti con voci distintive e supportarli nella carriera da podcaster.
Come hanno notato molti, innanzitutto bisognerebbe però farsi questa domanda: cosa si intende per “hit”, ossia per “successo”, quando si parla di podcast?
«Il criterio può essere il numero di ascolti, l’engagement, l’impatto culturale o gli effetti positivi sul benessere sociale», scrivono Martin Spinelli e Lance Dann in Podcast. Narrazioni e comunità sonore, edito da minimum fax (un libro fondamentale di cui probabilmente tornerò a parlarvi presto). Per Ashley Carman di Hot Pod/The Verge un podcast di successo è un podcast economicamente sostenibile.
Spinelli e Dann avanzano un’altra ipotesi ancora: «Forse, in una freemium economy (dove l’accesso al prodotto principale è gratuito e i ricavi derivano da una serie di fonti secondarie, ndr), il criterio più rilevante del “successo” di un podcast è la sua sopravvivenza». Sopravvivenza che spesso è assicurata dalla fedeltà degli ascoltatori verso il loro podcaster di riferimento, per tornare al discorso di Nick Hilton. Veleno ha debuttato nell’ottobre 2017. Se ancora oggi ci sono moltissime persone che lo ascoltano è – anche – perché Trincia nel frattempo è diventato un podcaster riconosciuto: la sua firma o la sua voce sono ormai una garanzia di qualità. Chi lo scopre attraverso i suoi podcast più recenti (l’ultimo è Il dito di Dio, su Spotify) va poi a riesumare anche i lavori che ha fatto in passato.
Ma di base il podcast è un mezzo dove vincono la longevità e la costanza. Per quanto belle e appassionanti possano essere le serie con un numero limitato di episodi (come Veleno o Il dito di Dio), per questo motivo sempre più case di produzione e podcaster indipendenti puntano sui podcast daily o weekly. A questo proposito segnalo una ricerca fresca fresca di Firstory, servizio di hosting molto popolare in Asia: quasi la metà dei download dei 10.000 podcast che ha analizzato nel corso di un anno riguarda episodi vecchi.
Ecco perché è sbagliato considerare il pezzo di Shaw come una prova documentata della morte del podcasting (negli Usa, perlomeno). È normale che «nessuno dei 10 podcast più popolari (ossia più ascoltati, ndr) negli Usa l’anno scorso abbia debuttato l’anno scorso». Come ha scritto Dave Jackson, si tratta di pura matematica: «Se stai facendo un buon podcast, i tuoi numeri dovrebbero crescere circa il 3% ogni anno (se non di più) […]. E più longevo è il tuo podcast più grande dovrebbe essere il tuo pubblico».
Concludo con una proposta di Evo Terra che riguarda proprio i numeri dell’audience (e in generale le metriche dei podcast). Perché non renderli pubblici, disponibili a tutti? È una proposta rivoluzionaria nel panorama del podcasting attuale, dove ognuno può millantare qualsiasi cifra gli venga in mente. In altri ambiti, invece, la trasparenza è la norma. Pensiamo agli indicatori dei follower sui social media o a quelli degli iscritti ai canali YouTube.
Dubito che la proposta di Terra diventerà realtà, almeno non nel breve tempo.
Ma al tempo stesso credo che sia il caso di rifletterci.
Ha poco senso parlare di successo nei podcast senza ragionare sulla mancanza di trasparenza di questo settore.
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