Architetto e divulgatrice storica, Maria Chiara Virgili lavora per anni presso studi internazionali dove si specializza in visualizzazione e modellazione computazionale, tecniche attraverso le quali crea immagini e animazioni digitali a supporto dei progetti architettonici. Nel 2020, come molti in pandemia, decide di migrare a una comunicazione diversa, non più visiva, ma capace di rendere altrettanto tridimensionale un racconto fatto di parole. Nasce così Dannati Architetti, serie podcast e social community dedicata ai grandi maestri, il cui titolo è un dichiarato omaggio ai Maledetti Architetti di Tom Wolfe. Attraverso i suoi audio-racconti biografici, riesce a dare “voce” alla sua passione per la storia: una conoscenza indelebile rimasta chiusa in un cassetto sin dai tempi dell’università.

Cosa significa la parola “podcast” per te? Come e quando hai deciso di fare un podcast?
«La parola podcast identifica il media che più mi rappresenta. A differenza del video, il formato audio è quello con cui mi sono trovata a mio agio sin da subito. È stato amore a prima vista, anzi, al primo ascolto. Decisi di sperimentare nel 2019, con una serie diary in cui raccontavo episodi di vita vissuta in una chiave comedy e molto sincera. Mi sfogavo, ed era molto divertente oltre che terapeutico. Ho poi deciso di terminare quell’esperienza per realizzarne una nuova, mettendo i fatti miei da parte. Tutto quello che avevo sbagliato e di conseguenza imparato con quel podcast (soprattutto a livello tecnico-pratico), mi è servito come bagaglio di esperienza per iniziare Dannati Architetti con il piede giusto».

Cosa pensi di Spreaker e del programma Prime?
«Sinceramente, non credo esista piattaforma di hosting migliore di Spreaker. La scelsi nel 2019 quando iniziò la mia avventura e non l’ho mai lasciata. Diventare Prime è poi stata una bellissima soddisfazione e devo ringraziare Marco Cappelli di Storia d’Italia (primer della prima ora) per avermi fatto scoprire il programma. Credo sia davvero essenziale per chi pubblica molte puntate e necessita di più dati sull’evoluzione delle stesse; poter avere poi a disposizione, gratuitamente, il piano migliore della piattaforma e la possibilità di monetizzare i propri contenuti massimizzandone i ricavi. È forse il sogno di ogni podcaster».

Tra quelle che hai scelto di raccontare, c’è forse una storia di architetto/a che ti ha affascinato di più?
«Ognuno/a è affascinante a modo suo ed è difficile fare una scelta. Forse direi Frank Lloyd Wright (1867–1959), e non solo perché è storicamente il più iconico (tutti conoscono la sua casa sulla cascata e il museo Guggenheim di New York), ma per la sua vicenda che è un vero e proprio romanzo dai risvolti rosa e noir, ricco di colpi di scena. Fra le figure femminili non posso poi non citare quella di Lina Bo Bardi (1914-1992), architetta che trasformò il suo operato in una coraggiosa impresa politica e sociale, prima in Italia e poi in Brasile».

Quale era il tuo obiettivo quando hai iniziato Dannati Architetti? Che evoluzione c’è stata per te? Hai già pensato ad un nuovo progetto?
«L’obiettivo non è mai stato fare la podcaster per lavoro, ma emergere come autrice nel mio ambito professionale (quello dell’architettura). Scrivere era il vero scopo, e il podcast un mezzo, insolito, per raggiungerlo. Tuttavia, all’inizio non potevo sapere se una serie di biografie di architetti potesse piacere agli ascoltatori, così pubblicai una puntata pilota su Mies van der Rohe e lì per lì me ne dimenticai. Quando tempo dopo andai a rivedere le statistiche, capii che c’era interesse e potenziale, sebbene lo show si rivolgesse ad una specifica nicchia. Successivamente ho aperto una pagina correlata su Instagram, seguita oggi da più di 8000 persone; grazie a questa e al podcast, sono arrivate le prime soddisfazioni editoriali: il libro Instant Architettura Contemporanea (Gribaudo, 2022) e collaborazioni con diverse testate di settore, fra cui Living Corriere. Quanto a nuovi progetti podcast, al momento non ne prevedo di personali, ma potrebbe arrivare qualcosa “in collaborazione con”».

 

 

Architetto e divulgatrice storica, Maria Chiara Virgili si è laureata presso la Scuola
di Ateneo di Architettura e Design “Eduardo Vittoria” di Ascoli Piceno.
Ha lavorato per anni presso studi internazionali dove si
è specializzata in visualizzazione e modellazione computazionale

Come ti immagini che sia il tuo ascoltatore?
«Mi immagino principalmente studenti e professionisti nell’ambito dell’architettura, dell’ingegneria, dell’arte e del design. Ma credo vi siano anche tanti curiosi e appassionati. Alla fine, la vita delle celebrità tende ad incuriosire sempre tutti, e questo prescinde dalla professione, dal fatto che siano architetti».

Cosa pensi che facciano i tuoi ascoltatori mentre ti ascoltano?
«Dalle testimonianze, un po’ di tutto. C’è chi ascolta mentre è sulla strada per andare al lavoro, chi lo fa mentre cucina, stira o fa le pulizie in casa (come la sottoscritta). Poi ci sono gli studenti che ascoltano per ripassare (ogni tanto mi scrivono per dirmi che hanno superato a pieni voti l’esame di storia dell’architettura) e alcuni professionisti che riproducono le puntate in studio, e le usano come sottofondo da condividere con i colleghi mentre lavorano».

La cosa più strana o curiosa che ti è capitata relativamente al tuo/tuoi podcast?
«Ce ne sono due, e sono entrambe relative a Dannati Architetti. La prima è quando lo studio e la fondazione di Renzo Piano ripubblicarono attraverso i loro canali social la puntata omonima (la più ascoltata nel tempo), ringraziandomi per il lavoro svolto: fu una soddisfazione immensa. La seconda è invece legata all’episodio su Sergio Musmeci, straordinario ingegnere italiano; dopo averla ascoltata mi contattò entusiasta la nipote, che nel tempo ha condiviso con me preziosi aneddoti e la passione per le irripetibili opere di suo nonno. Oggi è una mia carissima amica».

Quali sono i podcast che ascolti? Qual è il podcast che avresti voluto fare tu?
«Adoro i true crime e le inchieste giornalistiche. Irrisolti, Dpen Crimini, Elisa True Crime, Il Dito di Dio, Direful Tales, Polvere, il caso Marta Russo, Le Ali di Vik, La città dei vivi… Ce ne sono davvero tanti, ma fra tutti avrei forse voluto scrivere Veleno, il primo podcast che ho ascoltato in assoluto e che mi ha avvicinata a questo media (credo di non essere l’unica)».

Che consigli o suggerimenti daresti a una persona che vuole avviare un suo podcast?
«Consiglierei di non andare dietro alle mode del momento, ma di scegliere un argomento che la emozioni veramente mentre fa ricerca, scrive e racconta: il pubblico lo sente e all’inizio è solo la passione il vero motore del progetto. Se puntasse su un tema poco trattato in formato podcast avrebbe poi l’opportunità di rivolgersi ad una nicchia e, di conseguenza, costruire una community di followers-ascoltatori potrebbe risultarle più semplice. È un po’ quello che è successo a me con Dannati Architetti: nel 2020 erano pochissimi i podcast italiani nella stessa categoria e fu un po’ una novità sentir parlare di architetti e di storia dell’architettura senza un supporto visivo (e questo credo sia paradossalmente il punto di forza del progetto). Infine, le direi che non c’è bisogno di preoccuparsi se all’inizio la voce e l’audio non sono perfetti, perché si migliora strada facendo (io ho perso il conto dei microfoni): l’importante è godersi il percorso, e questo vale sempre, anche per i “pro”».

👉 https://www.spreaker.com/

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