La storia dietro a Loud, l’app italiana per socializzare attraverso post vocali

Chi tra fine febbraio e marzo ha camminato per Milano probabilmente si è imbattuto in delle affissioni pubblicitarie blu con alcune espressioni “famose” scritte in bianco, e sotto la frase: «Con la tua voce è tutta un’altra storia». Io le ho viste in una stazione della metropolitana, e già in quel momento mi avevano incuriosito. Poi la stessa pubblicità è comparsa fra le storie di Instagram, con il link per scaricare l’app al centro della campagna realizzata dall’agenzia creativa NOku

Una pubblicità di Loud nella metro di Milano

L’app si chiama Loud e, in sostanza, è un social per scambiarsi messaggi vocali. Ciascuno può parlare di quello che vuole (questioni di attualità, temi sociali, passioni personali eccetera) e dire qualunque cosa gli venga in mente, al netto di insulti e simili (qui puoi leggere l’esperienza di Valerio Berra, giornalista di Fanpage). Coloro che – come me – hanno bazzicato Clubhouse nell’inverno pandemico del 2021, ossia il periodo di massima fortuna dell’app in Italia, hanno immaginato subito Loud come una versione fuori tempo dell’applicazione made in Usa. Ma basta provare Loud un paio di minuti per capire che in realtà non è proprio la stessa cosa. Certo, sia Clubhouse sia Loud sono pensate per socializzare attraverso la voce. C’è però una differenza sostanziale: su Clubhouse le conversazioni avvengono in tempo reale, mentre tutti gli audio su Loud sono registrati. Se all’estero app di social audio on demand esistevano già (dalla newyorkese Squad all’indiana SpeakApp), in Italia non si era ancora visto nulla del genere. 

Al di là delle apparenze

La persona dietro a Loud è Alessandra Faustini, imprenditrice bresciana di 34 anni con una laurea in Scienze dell’economia e della gestione aziendale. «Volevo creare uno spazio dove quello che solitamente pensiamo e teniamo dentro di noi, ossia la nostra intimità, potesse essere espresso ad alta voce», mi racconta. «E ascoltare la voce di una persona ci porta a sentire un contatto maggiore, a volerla conoscere e a capire meglio ciò che ha da dire». L’idea di Faustini nasce da un disagio: quello legato ai canoni estetici dettati dai social. «A un certo punto sono diventata dipendente dai filtri su Instagram, non riuscivo più a vedermi senza. Tanto che ho deciso di smettere di usarli. Parlando con amici ho capito che il disagio era diffuso, che c’era il desiderio di trovare un modo di socializzare più umano, oltre le apparenze», continua Faustini. «La gravidanza di mia figlia (Faustini aveva già un figlio, ndr) mi ha dato la motivazione. Ho pensato: “vorrei che non si sentisse mai come mi sono sentita io”». Era il 2020, nel primo lockdown.

Alessandra Faustini, nata a Brescia nel 1989, la fondatrice di Loud

La trentaquattrenne ci tiene a sottolineare che il progetto di Loud è slegato da Clubhouse. «L’ho scoperto dopo, quando ho iniziato a fare delle ricerche. Gli audio di Loud non sono live. È un social che non ruba tempo, i messaggi si possono registrare o ascoltare in ogni momento, mentre si fa altro», commenta l’imprenditrice. «È una specie di versione vocale di Twitter o un’app di podcast collaborativi: a partire da un primo Loud (come sono chiamati i messaggi vocali sull’app, ndr) si genera una conversazione, un dibattito, un approfondimento. Le risposte partono in automatico dopo avere ascoltato il post iniziale». Semplificando ancora, «si potrebbe definire come una piattaforma per la condivisione di pensieri e opinioni tramite post vocali incentrata sull’interazione tra utenti, che permette di sentirsi parte di qualcosa anche solo aprendo l’app e ascoltando momenti di vita quotidiana di altre persone».

Insisto: al di là delle differenze con Clubhouse, ha davvero senso puntare su un’app di social audio nel 2023, quando tutte le app del genere sono in declino? Lei non sembra avere dubbi: «Sì: Loud funziona come i podcast, e i dati dei podcast sono in continuo aumento». Non a caso la campagna per il lancio dell’app si è concentrata su Milano, capitale italiana del podcasting. Del resto, se non fosse stata così sicura Faustini non avrebbe deciso di investire mezzo milione di euro su Loud. Il progetto è autofinanziato: l’80 per cento ce lo ha messo l’imprenditrice, il restante 20 una società di famiglia. «Ora stiamo realizzando un business plan per trovare investitori esterni», aggiunge. «Finora è stato difficile trovare qualcuno che volesse buttarsi: è un progetto ambizioso». 

Il venditore di sassi

L’ambizione fa parte del dna di famiglia. Nel secondo dopoguerra il nonno paterno, l’ex partigiano Luigi Faustini, cominciò ad andare al fiume Mella, a Brescia, con un carrettino di legno e dei cavalli. Raccoglieva sassi dal greto del corso d’acqua e li commercializzava, finché non guadagnò abbastanza soldi per comprare delle cave. «Scavava e vendeva ghiaia e sabbia. Il business di famiglia è iniziato così. Poi ci siamo espansi in altri rami inerenti: costruzioni, asfalti, immobiliari…», continua Faustini. Il «business di famiglia», ossia il Gruppo Faustini, oggi è in mano al padre, Alessandro Faustini, e genera decine di milioni di euro all’anno. La madre, a lungo impiegata in un’azienda, ha smesso di lavorare quando il marito ha avuto un incidente stradale in cui ha perso le gambe: «Da allora si è dedicata del tutto a noi». 

Luigi Faustini nel 1946 con il carrettino di legno su cui aveva caricato i sassi raccolti dal greto del fiume Mella

È dal padre che la trentaquattrenne ha iniziato a lavorare, già ai tempi dell’università («motivo per cui ci ho messo un po’ più del previsto a finirla»). Poi, quattro anni fa, è arrivata la gravidanza del primo figlio. Una gravidanza impegnativa, che l’ha costretta a lasciare il lavoro. È stato durante i mesi sospesi della pandemia che Faustini si è messa a ragionare su due progetti: «Sin da bambina avrei voluto creare qualcosa anche io come ha fatto la mia famiglia». Nella primavera 2021 ha dato vita ad Aveh, marchio di moda sostenibile che ha fondato con la sorellastra Anna Capellino, studentessa ventiquattrenne dell’Istituto Marangoni (Capellino è figlia della nuova moglie del padre di Faustini e del suo precedente marito). Mentre è solo alla fine del 2021 che la donna ha buttato giù i primi schizzi di Loud: «Per trovare i partner giusti ci è voluto un po’».

Meno è meglio

Nel 2022 è cominciato lo studio dell’architettura dell’app e la scrittura dei codici. Faustini conosceva Fabian Niederkofler, cofondatore di GlueGlue, agenzia pavese di prodotto digitale. Ed è stata proprio GlueGlue a gestire lo sviluppo di Loud. Ancora Faustini: «Siamo partiti da una piattaforma con molte funzionalità e siamo andati per sottrazione. In futuro magari piano piano inseriremo le altre funzionalità che avevamo previsto all’inizio». Nel dicembre 2022 è stata rilasciata un’app di testing, accessibile al team interno e a 150 beta tester esterni. L’app ufficiale è approdata negli store il 28 febbraio 2023. In futuro ci sarà un’altra fase di beta testing per rendere Loud più accessibile ai non vedenti. In totale sono una ventina le persone che lavorano per la società. Tra i collaboratori ci sono due persone nel team UX e UI (user experience e user interface), sei nel team marketing, cinque sviluppatori, due art director e poi il team che si è occupato del logo sonoro. Gli interni, oltre a Faustini, sono due: un project manager e un informatico.

Lo scopo principale era quello di creare un’app più semplice e intuitiva possibile. Ed è stato raggiunto. Una volta aperto Loud ci si trova di fronte a due sezioni: Seguiti (con i messaggi vocali degli account che seguiamo, tra cui di default è incluso quello di Loud, gestito da tutto il team in maniera collaborativa) e Nuovi (con i post vocali di altri account). La sezione su cui si atterra è quella degli account che seguiamo. Il primo elemento che salta all’occhio è un grande cerchio con il tasto play: si preme e parte l’audio, a cui si può rispondere con un altro messaggio vocale. In basso, al centro, c’è invece il tasto per registrare un messaggio originale, della durata massima di un minuto e mezzo. Mi vengono alcuni dubbi (che sono poi gli stessi che hanno tormentato chi ha sviluppato Clubhouse & Co.): come faccio a scoprire nuovi contenuti di mio interesse? E a monitorare i contenuti stessi? La privacy degli utenti invece com’è protetta?

Per quanto riguarda la privacy, Faustini spiega che «il portale su cui finiscono i contenuti è super protetto, e chi vi ha accesso firma dei documenti legali. I contenuti salvati sul server sono criptati e vengono conservati per un periodo di tempo illimitato finché l’utente è iscritto all’app. Se un utente decide di eliminare il proprio account i contenuti vengono conservati per trenta giorni dall’eliminazione del profilo». L’aspetto della discoverability (ossia la facilità con cui si riescono a trovare nuovi contenuti) al momento risulta invece carente. «In questa fase iniziale, in cui ancora nell’app non ci sono molti creator o i nostri amici, è più difficile trovare argomenti di nostro interesse. Per ora l’unico modo per trovare determinati contenuti è la ricerca degli hashtag, che stiamo incoraggiando», commenta l’imprenditrice. «Da alcune ricerche abbiamo visto che molti utenti preferiscono vedere i contenuti in ordine cronologico anziché secondo i criteri degli algoritmi di raccomandazione. Ma probabilmente per la sezione Nuovi l’algoritmo lo introdurremo. Inoltre potremmo inserire la possibilità di fare una ricerca per parole chiave, attraverso il database delle trascrizioni generate automaticamente dall’app (che poi l’utente può scegliere di modificare e pubblicare). Un’altra ipotesi è usare l’apprendimento automatico per dividere i Loud (ossia i messaggi vocali, ndr) per categorie. Ma ancora non ci sono abbastanza contenuti per farlo». 

“A free speech app”

La questione più problematica ha a che fare con la moderazione dei contenuti: Loud è descritta come una “free speech app”, e i limiti della libertà di parola possono essere molto difficili da gestire. «C’è una policy, pubblica, in cui è specificato quali contenuti non sono accettati. L’app dà la possibilità di segnalare un utente o un contenuto creato da un utente. La segnalazione arriva sulla nostra web admin. Il nostro IT valuta le segnalazioni e periodicamente fa dei check con la project manager. Se la violazione esiste presentano la segnalazione a me e poi agiamo», spiega Faustini. Una procedura del genere funziona soltanto in presenza di pochi utenti (al 22 marzo siamo a circa duemila “louder”). Ma se il numero dovesse crescere parecchio diventerebbe impraticabile. Lo faccio notare alla fondatrice dell’app, che risponde: «Ci stiamo muovendo per fare dei controlli sulle trascrizioni originali (sull’audio è molto più complicato) e automatizzare la ricerca di contenuti tossici. Potremmo anche creare un team dedicato. D’altra parte finora non ci sono state grandi violazioni. Forse perché dire una cosa a voce ti obbliga a prenderti la responsabilità di quello che dici: potrebbe essere un deterrente per gli hater». 

In questa prima fase di Loud gli utenti sono in leggera maggioranza uomini, e sono soprattutto millennial (come gli ascoltatori di podcast). «L’età la intuisci dalla voce, ma stiamo vedendo che l’app unisce generazioni diverse. E il bello della voce è che crea inclusività. Un utente balbuziente ha fatto un post per parlare del suo disagio, un altro ha parlato di disabilità», commenta Faustini. «In generale ci sono moltissime persone che lavorano con la voce, come speaker radiofonici, podcaster e doppiatori. Alcune hanno già trovato il loro format (c’è chi dà consigli vari, chi fa lezioni d’inglese, chi post motivazionali), altri stanno facendo dei test. E vediamo già un’idea di community: ci sono parecchie conversazioni, soprattutto a partire dai post personali». La sfida ora è trovare un modo di monetizzare l’app (in futuro potrebbero arrivare servizi su abbonamento). Gli obiettivi principali invece sono due: «Vorremmo aggiungere mille utenti attivi ogni mese. E soprattutto speriamo che su Loud nascano contenuti di valore, ma senza ansia da prestazione. È un’app per socializzare, e ognuno socializza a modo suo».

Riassumendo…

 

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