Per la rubrica mensile “The Spreaker Dispatch”, questa volta abbiamo intervistato la podcaster Spreaker Prime Valentina Poddighe, autrice e voce del podcast true crime Direful Tales. Valentina ci ha raccontato le origini del suo progetto e le sue idee per il futuro del podcast.
Raccontaci la storia di Direful Tales.
«Direful Tales arriva al pubblico nel 2020 ma in realtà la storia è più complicata di così. Tutto nasce nel lontano 2015 quando, passeggiando per le strade di Los Angeles, sono arrivata al famigerato Cecil Hotel. Ero arrivata in città un paio di anni prima, quando era appena esploso il caso di Elisa Lam. Desideravo esplorare ed investigare quel luogo da moltissimo tempo. È stato in quel momento che, per gioco, ho iniziato a fare delle dirette live su una applicazione di nome Periscope in cui raccontavo i misteri e i crimini della città dove avevo la fortuna di trovarmi. Incredibile ma vero: ho ricevuto subito un notevole interesse da parte di molte persone. Da lì, anche se con varie interruzioni nel corso degli anni, l’idea di portare al pubblico qualcosa di diverso dal solito è rimasta un tarlo nella mia testa e ammetto di averci provato in diversi modi. Il nome “Direful Tales” è ispirato ai “Penny Dreadful/Bloods”, piccole pubblicazioni iniziate nel 1830 in Inghilterra che raccontavano di crimini e orrori al costo di un misero penny. Una volta trovato il titolo per questa idea, serviva solo una pandemia globale per far sì che il podcast potesse nascere. Nel marzo del 2020 ho pubblicato il mio primo episodio usando un microfono mezzo rotto attaccato ad una bottiglietta del tè e un pessimo programma di montaggio audio. Credevo che nessuno lo avrebbe ascoltato, che sarebbe stato un passatempo per non impazzire in quarantena. Invece eccoci qua, con quasi due milioni di ascolti».
«Ritengo che Spreaker sia un’ottima opportunità per coloro che vogliono iniziare questo percorso e navigare nel vasto oceano di podcast a disposizione. Il programma Prime mi permette di creare contenuti senza limiti e mi concede una linea diretta per qualunque dubbio o domanda».
«Io mi occupo di ricerca,scrittura e narrazione. Insieme a Nicola ci dedichiamo poi al montaggio audio. Alice si occupa principalmente di gestire il merchandising e i contatti con gli sponsor. Di recente si è aggiunto Mattia che, grazie alla sua creatività, sta realizzando la colonna sonora di un nuovo podcast che uscirà a brevissimo, oltre che a lavorare con le A.I. per le immagini dei nostri social».Quale pensi sarà il futuro dei podcast? Che evoluzione hai previsto per il tuo?
«L’Italia ha appena scoperto il mondo dei podcast per quanto essi siano in realtà presenti da molti anni. I podcast hanno un grande potenziale e non meritano di bruciare in fretta come molti altri trend. Non so come andrà in futuro considerando la velocità a cui viaggia la tecnologia al giorno d’oggi, ma se le piattaforme permetteranno anche ai podcast indipendenti di continuare ad avere spazio e voce, allora credo che questa forma di intrattenimento e informazione potrà davvero guadagnarsi una posizione solida e stabile tra i lavori di domani. Per quanto riguarda Direful Tales vorrei arricchirlo di interviste. Ho già testato le acque con l’intervista a Roberto Vezzani, bronzo olimpico alle Olimpiadi di Monaco durante il massacro e devo dire che è stata un’esperienza molto forte sia per me che per gli ascoltatori. Inoltre spero di poter aggiungere contenuti video che, si sa, non fanno mai male».
«In realtà sono due i casi che mi hanno letteralmente devastata. L’episodio dedicato al Toy Box Killer e quello di Sylvia Lykens. Considero entrambi “spaventosi” per il livello assolutamente sconcertante di violenza e crudeltà presenti in entrambe le storie. Per quanto siano situazioni molto diverse tra loro, ammetto di aver faticato moltissimo in fase di scrittura. Il Toy Box Killer ha risvegliato lo stress post traumatico di cui soffro, mentre Sylvia Lykens mi ha ridotta in lacrime e mi ha messa KO per tre settimane. È stato comunque importante raccontare entrambe le situazioni, il male non va mai nascosto… anzi! Bisogna portarlo alla luce per poi prenderne consapevolezza».
«Il dito di Dio, Vengo anch’io, Cashmere, Il gorilla ce l’ha piccolo e il podcast con le conferenze di Alessandro Barbero».
Come ti immagini il tuo ascoltatore medio?
«Posso ritenermi fortunata nell’ammettere di avere un rapporto abbastanza ravvicinato con i miei ascoltatori. Molti di loro mi ascoltano mentre vanno a lavoro, sono persone interessate alla cronaca ma che allo stesso tempo vogliono sentirsi parte di ciò che racconto e vederci chiaro su molte vicende. Sono sensibili e curiosi. Mi fa impazzire il fatto che alcuni di loro mi ascoltino a notte fonda durante i loro turni di lavoro notturni. Mi mandano le foto e sono soli in laboratorio o in mezzo ad un campo. Non so come facciano, sono coraggiosi».
«Ho in cantiere diversi progetti e collaborazioni esterne al podcasting che spero di portare presto alla luce. Sicuramente tra le tante idee c’è quella di realizzare un libro di narrativa. Tornare a scrivere dopo tanti anni mi ha fatto riscoprire una passione che avevo da piccola e considerando come mi fa sentire credo che non la lascerò andare tanto facilmente! A parte questo, amo fare podcast e spero di continuare ancora per molto tempo».
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