- Qualche mese fa Nick Hilton, un esperto di podcast piuttosto stimato, ha pubblicato un articolo con questo titolo: “2022: the year that podcasting died”. Quel titolo è stato uno dei motivi per cui, negli Usa, si è iniziato a parlare di crisi del settore dei podcast. Ma c’è davvero una crisi? Lo stesso Hilton, che ha ammesso di avere scelto un titolo così drastico per fare clic, in un nuovo articolo scrive che quello a cui si sta assistendo oltreoceano non è la morte del podcasting, ma un cambiamento del mercato. Eric Nuzum osserva che il settore è giunto a una fase di maturità, e che però al tempo stesso il numero di ascoltatori continua a crescere (questo articolo di Sounds Profitable spiega cosa ciascuno di noi amanti dei podcast può fare per fare conoscere i podcast a chi non li ascolta o ne ignora l’esistenza). D’altro canto è vero che il numero di nuovi podcast è in diminuzione, ma qualità di quelli che vengono prodotti sta migliorando.
- Non avevo mai sentito parlare di Beek, piattaforma messicana che distribuisce podcast originali e audiolibri. La sua ideatrice, Pamela Valdés (classe 1994), per lasciare l’università e dare vita al progetto ha ricevuto una borsa di studio di 100 mila dollari da Peter Thiel, il miliardario co-fondatore di PayPal e angel investor di Facebook. E ora la società ha appena raccolto 13 milioni in un round di investimento.
- Alibi Investigations è una startup sudafricana che realizza inchieste giornalistiche in audio. Non solo: si occupa anche di formare, gratis, centinaia di giornalisti investigativi in diversi Paesi africani. Lo racconta il Reuters Institute. (Leggi qui per approfondire il ruolo della radio e dei podcast in Africa).
- Che cos’hanno in comune i podcast che raggiungono i vertici delle classifiche? Lo spiega questo articolo di Rephonic ricco di dati e grafici. Ma non è soltanto la posizione in classifica a determinare il successo di un podcast, come chiarisce invece questo articolo di Ausha.
- Pacific Content sta creando una serie di articoli dedicati alle varie figure che lavorano alla produzione di un podcast, nello specifico negli Usa. Si parte dallo o dalla showrunner, ossia la persona responsabile di tutte le attività riguardanti la realizzazione della serie. In Italia non mi pare che ci siano case di produzione con figure equiparabili al 100% alla figura statunitense dello showrunner.
- In linea di massima, i podcast si suddividono tra serie orizzontali e serie verticali: in una serie orizzontale la storia si sviluppa nell’arco delle varie puntate, mentre nelle serie verticali ogni puntata è una storia a sé stante. Qui un audio producer racconta pregi e difetti delle serie orizzontali.
- Una guida super dettagliata per migliorare il proprio podcast sotto l’aspetto della SEO (search engine optimization) e fare in modo che compaia tra i primi risultati di ricerca online.
- Pare che i podcast dedicati alla meditazione siano in grado, al pari della meditazione senza podcast, di migliorare la concentrazione e l’umore e ridurre i livelli di stress.
- I motivi del declino di Clubhouse, negli States e in Italia.
- Tutti parlano di ChatGPT, ma secondo il New Yorker è Whisper – il programma di trascrizione vocale di OpenAi – a mostrare quale direzione sta prendendo l’apprendimento automatico.
- Che cos’è diventato il documentario? In un pezzo interessantissimo pubblicato su Vulture si parla della crisi di identità di questo genere (l’articolo si riferisce al mondo della tv, ma direi che può valere anche per quello dell’audio). E quest’altro pezzo su The Atlantic spiega come il nostro costante bisogno di intrattenimento stia rendendo i confini tra fiction e realtà sempre meno chiari.
- Infine, il mio pezzo preferito della settimana: un lungo approfondimento su El País racconta in che modo gli scienziati stanno registrando e studiando i suoni emessi dalle due migliaia di capodogli che vivono al largo delle isole Baleari per mettere in atto strategie più efficaci mirate alla conservazione della specie.
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