Come sarà strutturata la podcast factory? Su quale business model punta Gedi? Con che cifra si partirà? Chi guiderà questi progetti? Quanto corposa sarà l’offerta di podcast? Come si svilupperà l’accordo con iHeart?
Per rispondere almeno ad alcuni di questi quesiti, ho parlato con Antonio Visca, che lavora a One Podcast da metà settembre dopo una lunga esperienza come direttore di Sky Atlantic. «Da una parte coordino tutti i contenuti podcast del gruppo Gedi. Dall’altra sono responsabile della linea editoriale e della realizzazione dei podcast di intrattenimento, quelli che partono dalle radio (il direttore creativo dei contenuti di intrattenimento è Linus, ndr). Sul versante giornalistico la competenza è dei singoli giornali», mi ha spiegato. «Il nostro obiettivo è costruire la migliore offerta di podcast di intrattenimento sul mercato, unendo i talent e gli autori delle nostre radio, le idee e i personaggi più interessanti anche al di fuori delle radio e gli adattamenti italiani del meglio di iHeartMedia».
Nato nel 1975 ad Alessandria, Visca ha iniziato a occuparsi di televisione – «per caso» – subito dopo essersi laureato in Economia Aziendale alla Bocconi. Ma già dal titolo della sua tesi, “Dinamiche competitive nel settore radiofonico italiano”, si capisce che la sua principale passione è sempre stata un’altra: la radio, appunto. «Ascoltavo e ascolto qualsiasi tipo di programma radiofonico e sin da ragazzino ho scritto di radio su riviste specializzate», mi ha raccontato Visca, che ha lavorato in diverse emittenti come consulente-giornalista e come conduttore (dall’ottobre 2016 fa parte della squadra di Radio Deejay). «I podcast sono il trait-union tra quello che facevo a Sky e la radio: sono pur sempre serie, ma in formato audio. Mi piacciono soprattutto quelli americani di interviste, i true crime e le serie investigative di approfondimento giornalistico. Ma, come in televisione mi toccava guardare centinaia di puntate di serie tv, così ora devo ascoltare di tutto. È una piacevole condanna».
Le varie aree del gruppo Gedi hanno cominciato a occuparsi di podcast in momenti diversi, ha spiegato Visca. A iniziare per primi sono stati i giornali (già nel 2017 Repubblica aveva pubblicato Veleno di Pablo Trincia e Alessia Rafanelli). «La decisione di lanciare One Podcast è frutto del fatto che quello dei podcast è un settore che sta crescendo molto, anche se in Italia più lentamente che altrove», ha commentato il Direttore Contenuti Podcast. «I podcast negli Usa rappresentano una macchina avviata, con un fatturato, una rilevanza e un peso notevoli. Qui siamo indietro, ma i primi segnali che abbiamo ricevuto sono straordinariamente positivi sia a livello di fruizioni e ascoltatori sia da parte del mercato pubblicitario».
È però ancora presto per stabilire con certezza la mole di podcast che verrà pubblicata. «Vedremo come andranno gli ascolti e come evolverà la variabile pubblicitaria», ha osservato Visca. L’incognita della pubblicità riguarda nello specifico i podcast di intrattenimento. Infatti mentre i ricavi dei podcast legati ai giornali derivano dagli abbonamenti (per ascoltarli bisogna sottoscrivere il piano premium di One Podcast o abbonarsi alla singola testata, anche se in genere la prima puntata è ascoltabile gratuitamente – è il cosiddetto modello freemium), le entrate dei podcast di intrattenimento si basano al 100% sulla pubblicità – tra annunci pubblicitari, sponsor e branded podcast. «Per ora abbiamo prodotto solo podcast editoriali, speriamo di realizzarne presto anche di sponsorizzati o branded. Abbiamo in cantiere diversi podcast, ciascuno avrà tra otto e 50 puntate a seconda della cadenza settimanale o quotidiana. Le tempistiche di produzione sono diverse. Nelle ultime settimane per esempio abbiamo dovuto sospendere i podcast di interviste a causa del Covid. Avere fuori 15 titoli contemporaneamente sarebbe una buona line up. A regime lanceremo un nuovo podcast alla settimana».
Per produrre tutti questi contenuti, ovviamente, è stato previsto un budget dedicato (ho chiesto la cifra, ma non ho avuto risposta). L’investimento è servito e serve non soltanto per pagare nuove risorse, ma anche per allestire degli studi aggiuntivi e per creare l’app da zero. Partiamo da quest’ultima. Si tratta di un progetto gestito internamente, con il supporto e lo sviluppo di Reply, storico partner di Gedi. «Abbiamo studiato moltissimi modelli, a partire dalle piattaforme podcast specializzate internazionali, passando per gli OTT. Abbiamo tratto ispirazione anche da settori lontani e da ricerche di mercato nazionali e internazionali che ci hanno permesso di individuare i futuri sviluppi dell’app per rimanere al passo con l’evoluzione che il settore avrà nel breve», mi ha detto Gaetano de Blasio di Palizzi, Digital Marketing Manager Radio & Podcast del gruppo Gedi. Ma perché la scelta di sviluppare un’app? «Perché siamo un gruppo media ed è giusto che le nostre produzioni audio abbiano un ecosistema proprietario che le aggreghi e le esalti. Il modello di business freemium, poi, ben si sposa con la scelta fatta. Vogliamo che questa app diventi punto di riferimento per una produzione di qualità senza compromessi».
Passando agli studi, per i podcast vengono usati a rotazione i 30 delle tre radio del gruppo (Radio DeeJay, Radio Capital e m2o), tra Roma e Milano. Ma ne sono anche stati creati apposta due di post produzione e uno di ripresa, in via Massena a Milano. «Capiremo meglio le esigenze quando tornerà tutto alla normalità (dal punto di vista dell’emergenza sanitaria, ndr)», ha aggiunto Visca.
E poi c’è il tema del personale. «One Podcast è una startup che nasce all’interno di un’azienda solida dal punto di vista audio. Dentro Elemedia, la società che edita le radio, abbiamo già uno staff audio con esperienza pluridecennale che include ottimi sound designer, tecnici del suono, registi e montatori. Alcuni sono dedicati al 100% ai podcast, mentre altri si occupano sia della radio sia dei podcast», mi ha detto ancora Visca. «Abbiamo poi redattori e autori con le provenienze più diverse. Alcuni già ruotavano nei programmi radio e sono stati dirottati sui podcast, mentre altri sono stati selezionati ad hoc». I contratti sono di vario tipo, tra dipendenti e collaboratori. «Le persone che si dedicano interamente o prevalentemente alla realizzazione e alla produzione dei podcast sono cinque o sei. Poi ci sono quelle che si occupano in parte della radio e in parte dei podcast e quelle a progetto. Senza contare chi lavora nel digital, nel marketing, nella pubblicità, nella comunicazione e nella grafica. E abbiamo anche un nuovo consulente incaricato di garantire e assicurarsi che tutto funzioni bene nella distribuzione dei singoli titoli su tutte le app».
Un’altra questione ancora è quella dell’accordo con iHeartMedia: «Alcuni dei podcast di iHeart verranno ospitati, in lingua originale, anche su One Podcast – che è un’app chiusa, ci sono dentro solo i nostri contenuti. Inoltre produrremo in esclusiva le versioni italiane di alcune serie».
Come ultima cosa, ho chiesto a Visca se pensa, come altri, che al momento l’offerta di podcast in Italia sia troppo ampia rispetto alla domanda. La sua risposta ha lasciato trapelare un’indole ottimista: «Certo, ci sono troppi podcast. Così come vengono scritti troppi libri e composte troppe canzoni. L’offerta è vasta e variegata. Non mi preoccupa. Anzi, trovo bello che ci sia fermento. È chiaro, servono investimenti di un certo tipo».
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