La scorsa estate mi sono imbattuta in un articolo che parlava di un ambiziosissimo progetto artistico: una collezione digitalizzata di opere d’arte contemporanea, poesie, riviste, musica, film, podcast e libri, destinata alla Luna.
Dietro al progetto, che include il lavoro di oltre 30.000 artisti, scrittori, musicisti e registi provenienti da più di 160 Paesi, c’è Samuel Peralta, fisico e scrittore canadese di origine filippina che sogna di andare sulla Luna da sempre. L’idea gli è venuta durante il periodo del lockdown dovuto al Covid: il suo scopo era ispirare gli artisti a continuare a lavorare («anche se le gallerie sulla Terra erano chiuse, la Luna era sempre aperta»). Nella pratica, il tutto è iniziato quando la Nasa ha deciso di privatizzare i lander lunari, offrendo così la possibilità di acquistare spazio per carichi privati.
Il cosiddetto Lunar Codex è diviso in quattro capsule contenenti delle schede di memoria: “The Orion Collection”, “The Peregrine Collection”, “The Νουα Collection” e “The Polaris Collection”. Tutte e quattro verranno depositate sulla superficie lunare nell’ambito delle varie missioni di Artemis, il programma della Nasa che dovrebbe culminare nel 2026 con il ritorno dell’essere umano sulla Luna per la prima volta dal 1972.
La prima capsula, Orion, trasporta tra le altre cose una chiavetta con una serie di poesie intitolate Three Faces of the Moon. Si tratta dell’unica capsula che è già partita, nel novembre 2022. Le altre verranno spedite da qui al 2026.
Questo progetto mi ha ossessionato. Ha il sapore del mito e la forza della poesia. Inoltre, conta una serie di primati. È il primo progetto a lanciare le opere di donne artiste sulla superficie lunare; il primo a comprendere opere di artisti disabili, di artigiani del legno, dell’argilla, del bronzo, della pietra, del mosaico, della stoffa, del tatuaggio, dell’arte digitale, dell’arte urbana; il primo a includere una poesia nata dalla collaborazione tra uomo e intelligenza artificiale; il primo a collocare sulla Luna film e musica contemporanea. Ma anche il primo progetto spaziale in assoluto a comprendere dei podcast.
A lungo ho cercato di scoprire di quali podcast si trattasse, senza mai trovare nulla. Finché non è stato lo stesso Samuel Peralta a raccontarmelo. E intanto mi sono imbattuta in una lunga serie di straordinari progetti artistici destinati allo spazio. A partire dal Moon Museum.
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Il Moon Museum è un sottile rettangolo di ceramica, di 1,9 per 1,3 cm, con impressi i disegni miniaturizzati di sei artisti statunitensi: un pene, opera di Andy Warhol, una linea retta, tracciata da Robert Rauschenberg, una versione stilizzata di Topolino, creazione di Claes Oldenburg, e poi tre figure geometriche, una di John Chamberlain, un’altra di David Novros e la terza di Forrest Myers. Era stato quest’ultimo a idearlo. Per produrlo aveva collaborato con gli scienziati dei Bell Labs, che ne avevano realizzato varie copie. Il sogno di Myers era spedire sulla Luna uno di questi wafer (questo il nome tecnico del rettangolino di ceramica) con la missione Apollo 12. Ma la Nasa non rispondeva alla sua proposta.
Nel frattempo lo scultore aveva contattato alcuni ingegneri dell’agenzia spaziale attraverso l’organizzazione Experiments in Art and Technology, una piattaforma che facilita la collaborazione tra artisti e ingegneri. Il 12 novembre 1969, due giorni prima del lancio, un ingegnere di nome John lo contattò per confermargli che avrebbe messo il wafer a bordo della navicella spaziale. Fu così che per la prima volta delle opere d’arte umana viaggiarono sulla Luna.
Da allora moltissime altre opere d’arte sono state mandate nello spazio. Nel 1971 la scultura in alluminio dell’artista belga Paul van Hoeydonck intitolata “Fallen Astronaut” – la figura stilizzata di un astronauta in tuta spaziale, lata 8,5 cm – fu posata sulla superficie della Luna durante la missione Apollo 15. Al momento è l’unico manufatto artistico che l’uomo ha lasciato sul suolo extraterrestre.
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La prima volta che delle opere d’arte d’audio furono spedite nello spazio è stata invece il 1977, con il lancio delle sonde Voyager 1 e Voyager 2 verso il sistema solare esterno. La Nasa mise a bordo di ciascuna delle due sonde un disco fonografico identico. In ogni disco erano incisi un messaggio scritto dell’allora presidente Usa Jimmy Carter e dell’ex Segretario generale delle Nazioni Unite Kurt Waldheim e una serie di immagini e audio selezionati per la Nasa da un comitato presieduto da Carl Sagan della Cornell University. Erano i cosiddetti Golden Record, delle capsule del tempo con una selezione di contenuti rappresentativi della vita e della cultura sulla Terra destinate a qualunque forma di vita extraterrestre intelligente o alla specie umana del futuro. Entrambe le sonde sono ancora in viaggio, e si trovano a circa 20 miliardi di km dalla Terra.
Quali sono gli audio incisi sui Golden Records?
27 brani musicali originari di varie parti del mondo (Azerbaijan, Perù, Senegal eccetera), tra cui Melancholy Blues di Louis Armstrong e gli Hot Seven e il raga indiano Jaat Kahan Ho, cantato da Surshri Kesar Bai Kerkar. E poi, una selezione di suoni e rumori, come lo schiocco di un bacio di una madre al suo bambino, il fischio di un treno e lo scrosciare della pioggia. Ma anche i saluti degli abitanti della Terra in 55 lingue diverse, a partire dall’accadico, parlato a Sumer circa seimila anni fa, fino al Wu, un dialetto cinese moderno.
Ci vorranno migliaia di anni prima che le sonde si avvicinino a qualsiasi altro sistema planetario. Come ha osservato Carl Sagan, il disco verrà suonato solo qualora nello spazio interstellare ci siano civiltà avanzate; e solo se una di queste ipotetiche civiltà lo troverà. «Ma il lancio di questa bottiglia nell’oceano cosmico dice qualcosa di molto promettente sulla vita su questo pianeta».
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Più di recente, si sono cimentati nel tentativo di inviare le loro opere nello spazio vari artisti contemporanei, alcuni con più successo di altri (l’enorme costo di queste operazioni in genere è un grosso ostacolo).
Nel 2018 Tavares Strachan ha lanciato nello spazio un satellite con la forma di un vaso in oro massiccio mirato a portare alla luce la storia dimenticata di Robert Henry Lawrence Jr, il primo astronauta afroamericano selezionato per un programma spaziale nazionale (morì in un incidente aereo nel 1967, prima di partire).
Nel 2021 l’artista concettuale cinese Xu Bing e la società spaziale cinese i-Space hanno lanciato il Xu Bing Tianshu Rocket, esploso poco dopo il lancio. Era il primo razzo concepito unicamente per fini artistici. Era stato dipinto con caratteri inventati creati da Xu Bing stesso. Il governo cinese aveva posticipato il lancio per accertarsi che i caratteri fossero davvero privi di significato e che il razzo non celasse qualche messaggio.
L’artista statunitense Jeff Koons ha invece in programma di inviare sulla Luna, a bordo di un razzo di SpaceX, 125 sculture raffiguranti diverse fasi lunari. Sulla Luna dovrebbe presto sbarcare anche l’opera dell’artista e filantropo di Dubai Sacha Jafri intitolata We Rise Together – with the Light of the Moon, un’incisione raffigurante una figura maschile e una femminile circondate da 88 cuori.
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Il Lunar Codex, fra tutti i progetti spaziali qui descritti, è di gran lunga il più vasto. Probabilmente è l’unico, insieme ai Golden Record, che prevede anche materiali audio. Di sicuro è l’unico che contiene podcast. Ma quali? Alla fine, come anticipavo, ho chiesto a Samuel Peralta stesso. L’ho contattato su LinkedIn, e sorprendentemente mi ha risposto.
Mi ha raccontato che, per quanto riguarda appunto i podcast, il «carico principale è un archivio di letture di poesie e interviste audio del programma The Poet and the Poem from the Library of Congress, raccolto in 25 anni. La serie comprende interviste e letture di numerosi Poeti Laureati degli Stati Uniti, Poeti Laureati di Stato, vincitori del Premio Pulitzer e altri poeti significativi».
Peralta aveva spiegato lo scopo del Lunar Codex così: «La nostra speranza è che i futuri viaggiatori che troveranno queste capsule del tempo scopriranno alcune delle ricchezze del nostro mondo di oggi… Questo parla dell’idea che, nonostante le guerre, le pandemie e gli sconvolgimenti climatici, l’umanità ha trovato il tempo per sognare, il tempo per creare arte».
E così mi sono chiesta: quale podcast vorrei che gli extraterrestri o l’umanità del futuro ascoltassero per capire chi siamo oggi?
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