L’era della sintesi vocale è iniziata davvero
ChatGPT, il chatbot basato sull’intelligenza artificiale di OpenAI, dispone ora di cinque voci sintetiche con cui gli utenti – al momento solo quelli abbonati a ChatGPT Plus e Enterprise – possono chiacchierare. Le cinque voci, che suonano incredibilmente naturali, sono state create attraverso un modello text-to-speech addestrato da attori ingaggiati da OpenAI.
Alcune aziende stanno già testando la nuova tecnologia di sintesi vocale di OpenAi: tra queste c’è Spotify, che ha appena lanciato il programma Voice translations for podcast. Il primo test della società di Daniel Ek ha coinvolto alcuni celebri podcast in inglese, come Lex Fridman Podcast, doppiati in spagnolo.
Anche Wondercraft AI ha lanciato uno strumento di doppiaggio basato sull'IA: è già disponibile per tutti i podcast in 13 lingue diverse, tra cui l’italiano.
Sono stati lanciati anche nuovi strumenti di trascrizione vocale: quello di Castos e quello di Headliner. Consiglio anche MyGoodTape.
Intanto Meta in collaborazione con Bing (vale a dire, il motore di ricerca di Microsoft) ha aggiunto a Facebook, Instagram e WhatsApp Meta AI, un chatbot disponibile in 28 versioni, ciascuna con la propria personalità. Le voci (sintetiche) e le sembianze delle 28 versioni del chatbot ricalcano quelle di altrettanti personaggi famosi, tra cui il rapper Snoop Dogg o la supermodella Kendall Jenner. La stella del football americano Tom Brady, per esempio, è Bru, alias “The Sports Brain”; l’ereditiera Paris Hilton è invece Amber, “La Detective”.
A differenza di Stephen Fry (il narratore degli audiolibri della saga di Harry Potter in inglese ha denunciato che la sua voce è stata replicata da un software di intelligenza artificiale senza il suo consenso), i vip in questione hanno acconsentito all’uso delle proprie voci (e sembianze).
Per ora i chatbot sono disponibili solo negli Stati Uniti, in modalità beta.
Amazon invece ha annunciato una serie di super miglioramenti per Alexa per rendere l’assistente vocale più realistico ed efficiente (guarda qui il video promozionale).
Apple Podcasts è sempre più simile a Spotify
Undici anni dopo la sua nascita, Apple Podcasts ha cambiato decisamente pelle. Da semplice app per ascoltare podcast, è diventata un hub per ascoltare contenuti di diverso tipo. Gli abbonati ad Apple Music, Apple News+, Calm e Lingokids possono ora usare Apple Podcasts per accedere a decine di podcast originali, ai programmi di Apple Music Radio, agli audioarticoli di Apple News+ Narrated e ai contenuti delle app qui sotto.
L’analisi di Hot Pod Insider secondo me centra perfettamente il punto:
«Il risultato finale è un Apple Podcasts che […] assomiglia più a Spotify. I podcast sono ancora lì, in primo piano, ma s’intravede l’inizio di un universo in espansione di “contenuti audio”. C’è ancora una grande omissione, però: gli audiolibri a pagamento rimangono su Apple Books.
Questo spostamento verso altri tipi di contenuti audio […] è un segno che Apple ha una visione diversa dei consumatori di podcast rispetto alla maggior parte degli operatori del settore. Sebbene l’opinione supportata dai dati dei sondaggi sia che gli ascoltatori preferiscano un’app indipendente per i podcast, è chiaro che le maggiori aziende che controllano lo spazio non condividono questa idea, o non pensano che sia importante.
In fin dei conti, l’obiettivo di aziende come Apple, Amazon e Spotify è che i consumatori trascorrano il maggior tempo possibile sulle loro app. Per un’azienda come Apple, che controlla sia l’hardware sia il software che si usa per ascoltare i podcast, un altro obiettivo potrebbe essere che i consumatori non distinguano più tra i due».
Spotify include gli audiolibri nell’abbonamento Premium
Spotify ha fatto sapere che gli utenti Premium nel Regno Unito e in Australia possono ora ascoltare ogni mese 15 ore di audiolibri come parte del loro abbonamento (presto sarà possibile farlo anche negli Usa). Si tratta di un grande salto in avanti rispetto al modello iniziale à la carte, che prevedeva l’acquisto dei singoli titoli. Modello che si è rivelato fallimentare anche a causa delle difficoltà nell’orientarsi tra le regole degli acquisti in-app di Apple e Google.
Gli utenti Premium in UK e Australia adesso possono provare tutti gli audiolibri che vogliono da una libreria predefinita che comprende 150.000 titoli, ma con un limite massimo di appunto 15 ore di ascolto. Possono poi acquistare altre 10 ore di ascolto per 10,99 dollari.
Addio Google Podcasts, benvenuta Youtube Music
Entro il 2024 Google chiuderà l’app Google Podcasts. L’obiettivo dell’azienda è spingere i (pochissimi) utenti che ancora usano l’app in questione per ascoltare podcast verso YouTube Music, che presto supporterà i feed RSS privati.
Proprio in questi giorni su YouTube Music è stata introdotta una funzionalità che consente di attivare il download automatico dei podcast.
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