Tre dei podcast che ho amato di più parlano della nostra società. Ne raccontano le storture e le atrocità. Scavano nelle storia recente per recuperare alcuni pezzi mancanti, nascosti da chi forse sperava che il mondo avrebbe dimenticato. È passato del tempo, non abbastanza però per annientare una memoria tenace. Non abbastanza per mettere a tacere la richiesta sacrosanta che sia fatta giustizia.
C’è la storia Graziella De Paolo, giornalista che il 2 settembre 1980 – quando aveva 24 anni – fu rapita insieme al collega Italo Toni a Beirut, dove stavano indagando su traffici d’armi che vedevano coinvolti anche i servizi segreti italiani. Non si è mai più saputo nulla di nessuno dei due. È Loredana Lipperini, giornalista e amica di Graziella, a raccontare in Omissis (Rai Play Sound) l’intricatissima rete di eventi legati alla scomparsa della ragazza.
C’è la storia di Carlo Alberto dalla Chiesa, il generale dei carabinieri che il 3 settembre 1982 fu ucciso insieme alla moglie Emanuela Setti Carraro e all’agente di scorta Domenico Russo a colpi di kalashnikov. Accadde in via Carini a Palermo, dove dalla Chiesa era stato mandato tre mesi prima per combattere la mafia. Ma senza poteri reali, e senza protezioni adeguate. Come racconta il podcast Carlo Alberto, di Audio Tales, ancora oggi molti aspetti di quella strage sono poco chiari.
Infine, c’è la storia di Federico Aldrovandi, morto a Ferrara per asfissia dopo che quattro poliziotti gli schiacciarono il torace sull’asfalto con le loro ginocchia (com’è accaduto a George Floyd). Era il 25 settembre 2005, Aldrovandi aveva 18 anni. Nonostante i numerosi tentativi di depistaggio e di infangare la figura di Aldrovandi, i quattro agenti furono condannati a tre anni e sei mesi di carcere per eccesso colposo nell’utilizzo della forza (pena ridotta a sei mesi per l’applicazione dell’indulto). Ma restano molti punti oscuri. Se ne parla in Rumore, podcast indie della bravissima Francesca Zanni.
Sono tutti e tre podcast che ci costringono a guardarci dentro. Come fanno, anche se da un’altra prospettiva, altri tre tra i miei podcast preferiti delle ultime settimane.
Uno è la nuova stagione di Proprio a me, di Selvaggia Lucarelli per Chora Media. È una serie verticale: ogni puntata presenta una storia diversa (a partire da quella di Lucarelli), con le relazioni famigliari come macro tema. Sono storie per lo più complicate, spesso dolorose. Selvaggia è delicata e disarmante al tempo stesso. Le sue parole aprono porte che nemmeno immaginavi esistessero.
Il terzo è Ama ciò che fai di Raffaele Gaito per Storytel, un podcast cosiddetto inspirational (e ispirazionale lo è davvero) per aiutarci a comprendere perché il percorso è più importante del risultato. È una serie ricchissima di storie di persone straordinarie e di aneddotti interessanti da cui si impara davvero un sacco.
Molte persone mi dicono «ok i podcast, ma con gli audiolibri proprio non ce la faccio». Questione di abitudine, credo. La mamma del mio ragazzo ha appena iniziato ad ascoltarli ed è già dipendente. Se non sei un audiolettore o un’audiolettrice, ti consiglio di provare. Si tratta di avere un po’ di pazienza: al principio potresti fare fatica a concentrarti. E certo, devi anche beccare il lettore o la lettrice che fa per te. Ma se ti appassioni poi non riuscirai più a farne a meno.
A proposito di lettori, a me piace moltissimo quando è l’autore stesso a leggere il proprio libro. Come nel caso di Irene Graziosi con Il profilo dell’altra, il suo libro d’esordio: un romanzo-saggio, in parte autobiografico, che esplora i lati oscuri del lavoro di influencer. Se lo ascolti poi recupera la versione cartacea: la copertina è un’opera d’arte.
Io, qualche mese fa
Tra le narratrici professioniste, invece, una delle mie preferite è Tamara Fagnocchi, che legge il bellissimo L’orto di un perdigiorno. Confessioni di un apprendista ortolano, di Pia Pera (Tamara ha anche realizzato un podcast, Happy Ending, un vero gioiellino). Bravissima anche Valentina Carnelutti: è lei a leggere Come vento cucito alla terra, il nuovo romanzo di Ilaria Tuti, la storia incredibile delle prime donne chirurgo, che durante il primo conflitto mondiale aprirono in Francia un ospedale di guerra. Sia Fagnocchi sia Carnelutti sono delle attrici, così come Elena Radonicich, la lettrice de Il corpo in cui sono nata, memoir della scrittrice messicana Guadalupe Nettel (il suo La figlia unica mi ha fatto fare i conti con la mia paura-desiderio di diventare madre).
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