Di Mirko Lagonegro, ceo e cofondatore di Digital MDE
In questi primi giorni del 2022 alcune notizie hanno attirato la mia attenzione.
La prima: pochi giorni fa il NYT si è comprato The Athletic, un giornale sportivo a pagamento fondato sei anni fa da due startupper che hanno visto prima di tutti lo spazio disponibile per chi avesse saputo creare un’offerta di contenuti sportivi a livello locale.
Per quanto possa sembrare un controsenso in quest’era globale, ha funzionato sia negli US sia, più recentemente, in UK, tanto che il NYT ha dovuto staccare un assegno di circa 550 milioni di dollari.
Che c’entra col podcasting?
A parte che The Athletic ha un’ampia offerta audio, secondo me questo accordo è indicativo di quanto sia sottovalutato il potenziale del formato podcast a livello locale, in termini sia di audience sia di revenue.
Attenzione, però: è bene ricordarsi che con l’audio prima è necessario costruirselo, un pubblico, e solo dopo adoperarsi per monetizzarlo, ché mica funziona come con i contenuti digitali “visual”.
Poi, una serie di notizie apparse durante l’edizione 2022 del CES, il Consumer Electronic Show, la fiera dell’elettronica di consumo che s’è tenuta a Las Vegas tra il 5 e l’8 gennaio, hanno fornito l’ennesima conferma della “saldatura” in atto tra il mondo della tecnologia e quello della mobilità: le ultime evoluzioni di Android Auto, il debutto della startup turca Togg, che si ripromette di trasformare l’auto in uno smartphone di nuova generazione, l’alleanza tra Stellantis* e Amazon per lo sviluppo dell’auto connessa.
Che c’entra col podcasting?
Abbastanza, ma ancora di più ha a che fare con la mia amata radio. Spesso ho sentito dire da molti broadcaster che l’automobile è stata e continuerà a essere un loro feudo inattaccabile, il posto in cui, una volta patentati, anche i più giovani inizieranno ad ascoltarla. Me lo auguro, ma non ne sono affatto convinto: quando una nuova user experience viene resa disponibile, difficilmente l’utenza torna indietro, come potete vedere da questa infografica, estratta da un report di Morgan Stanley** rivolto ai propri clienti in US.
Alla fine, è la solita storia: c’è chi, affrontando una nuova situazione, vede i rischi che può correre, e chi invece intravede nuove opportunità. Sta tutto nello scegliere chi dei due voler essere…
*Stellantis è “cugina” del Gruppo Editoriale Gedi, sempre più attivo nel digital audio ( e non credo affatto sia un caso).
** Morgan Stanley è un investitore di Spotify, e più d’un osservatore ha ritenuto il report eccessivamente “di parte”. D’altra parte, i dati sulla differenze generazionale nella fruizione di audio restano questi.
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