A cavallo tra luglio e agosto abbiamo fatto uscire 10 e 25, un podcast d’inchiesta indipendente in sei puntate sulla strage di Bologna. Si tratta di un progetto in cui abbiamo creduto molto e particolarmente sui generis per una serie di motivi. Un progetto che ci spaventava, ma che alla fine ha portato un team di lavoro inedito nella top 10 delle classifiche italiane delle varie piattaforme.
Ci spaventava anzitutto il tema in sé. La storia italiana recente è costellata di attentati e bombe, specie se parliamo di treni e stazioni. Eppure la strage di Bologna del 2 agosto 1980 è uno di quegli eventi di cui italiani e italiane sanno poco. Se togliamo dal discorso la città di Bologna, le persone che hanno dimenticato o quelle che negli anni non sono riuscite a seguire le notizie relative alle indagini e ai processi sono moltissime. Tra le persone che invece non hanno vissuto quell’evento perché sono nate successivamente, non si può far affidamento sulla scuola, sui giornali né su quasi nient’altro.
Il risultato è che i depistaggi, le notizie false, le versioni non verificate hanno inquinato il dibattito e oggi è divisivo dire che gli attentatori fossero dei fascisti, nonostante ci siano sentenze molto chiare ad affermarlo. Probabilmente è questo uno dei motivi per cui non ci sono altri podcast che affrontano il tema in modo esaustivo. E forse lo è anche il fatto che smazzarsi quarant’anni abbondanti di carte, indagini, pedinamenti, intercettazioni, sentenze e faldoni non è semplicissimo.
E qui veniamo al secondo punto che ci spaventava, ossia il metodo. Un evento così complesso come un attentato ha molti livelli possibili di analisi. Ce ne sono venuti in mente tre.
Il primo è quello dell’approccio al cold case: prendo i faldoni, studio le carte e vado a vedere se c’è qualcosa di nuovo che è sfuggito negli anni. Che era esattamente il nostro obiettivo: mettere bene in fila ciò che c’era di noto e scoprire eventuali aspetti nuovi. Un altro livello di analisi è quello umano: sono passati 44 anni, non secoli, e oggi abbiamo ancora con noi dei testimoni, dei sopravvissuti, delle persone che hanno lavorato sul caso e che possono parlare in un microfono. Il terzo livello era quello del metodo stesso. E cioè: raccontiamo la strage di Bologna attraverso il racconto di noi che facciamo l’inchiesta sulla strage di Bologna.
Se il primo livello ha un forte senso metodologico e il secondo un forte senso narrativo, il terzo serve alla trasparenza col pubblico: ti mostro il backstage e il metodo, così che tu possa controllarlo ed eventualmente confutarlo.
Abbiamo deciso di coniugarli tutti e tre.
E quindi oggi 10 e 25 è un podcast che racconta la vita di chi il 2 agosto 1980 era alla stazione di Bologna, di com’era prima e di com’è cambiata poi, di chi sa che cosa significa uscire di casa come ogni giorno e finire intrappolati dentro a un evento storico così drammatico. Però è anche un podcast che in modo (speriamo) rigoroso analizza quarant’anni di faldoni con attenzione minuziosa. Ed è anche un podcast pieno di backstage, di vocali su Whatsapp, di note registrate in treno, in stazione, in archivio o per strada, e pieno dei dubbi e dei vicoli ciechi tipici dell’inchiesta.
10 e 25 è un podcast in cui proviamo a raccontare il lato umano ma anche un fatto mai veramente emerso. E cioè le responsabilità internazionali di quell’attentato. Per questioni tecniche che spieghiamo nel podcast, la magistratura si è potuta occupare solo dei mandanti italiani, oltre che degli esecutori materiali dell’attentato. Ma le carte analizzate mostrano chiaramente come i soldi usati per finanziare la strage venissero dall’estero e riconducessero a specifici individui silenziosi ma ben capaci di influenzare le sorti della politica internazionale del tempo.
Ma 10 e 25 è anche un’operazione finanziata dal basso. Insieme a Slow News – che è un editore molto coraggioso ma anche piccolino – abbiamo avviato un crowdfunding. Chi ci sostiene può accedere a numerose ricompense (incluse le illustrazioni sul tema di Maicol e Mirco), la più importante delle quali è l’accesso al software di intelligenza artificiale che abbiamo usato per analizzare le carte giudiziarie.
Questo significa che chi ci sostiene può accedere alle stesse carte che abbiamo letto noi, vedere coi propri occhi i documenti di cui parliamo, cercare dettagli che ci sono sfuggiti, leggere nel dettaglio i passaggi a cui accenniamo.
Per fare tutto questo serve un team ampio: un autore giornalista e un autore storico, un editor, un fonico, una persona adetta al montaggio e alla sonorizzazione, una specializzata nel crowdfunding e un’altra per la supervisione legale e molto altro. Per questo abbiamo lavorato tutti insieme per più di un anno.
Con 10 e 25 abbiamo provato a cambiare qualcosina nel panorama del podcast e dell’inchiesta. Abbiamo provato a rendere sempre più il podcast uno strumento adatto a investigare trame assai complesse, e l’inchiesta sempre più partecipata e vicina al pubblico. Speriamo di aver contribuito almeno un minimo.
Andrea Coccia, Gabriele Cruciata, Dario De Santis, Alessandro Diegoli, Flaminia Leuti, Rossella Pivanti, Alberto Puliafito, Andrea Spinelli Barrile
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