Podcast Hangover
di Mirko Lagonegro – CEO di MDE
Anche quest’anno Andrea mi ha chiesto di dedicare l’ultimo Punto di MDE prima della pausa estiva all’andamento del mercato italiano del podcast in questo primo semestre 2022.
Detto, fatto: avete presente un hangover? Ecco. Al netto della riduzione nella produzione di podcast (qui un paio di tabelle che ne danno chiaramente la dimensione su scala mondiale), la similitudine con un post sbornia m’è venuta in mente perché, se il 2021 è stato da un lato un florilegio nella nascita di nuove case di produzione e ha visto la produzione di tante serie commissionate da diverse marche, questi primi mesi indicano un significativo rallentamento di tutti e due questi fenomeni.
Certo, ragioni esogene al contesto ce ne sono quante ne volete e sono note a tutti. Ma passati l’euforia, il momento «facciamo un podcast, lo fanno tutti!» e un certo intento speculativo – giacché di soggetti che si sono buttati nella mischia con quell’idea ce ne sono, v’assicuro –, la bolla di cui scrivevo già a inizio anno si sta un po’ sgonfiando, per fortuna (sul perché io sia contento c’arrivo tra poco).
Sia chiaro: l’anomalia non riguarda minimamente la quantità di ascoltatori di podcast, che c’è e che, sono pronto a scommettere, l’edizione 2022 della “classica” ricerca Ipsos che sarà pubblicata dopo le ferie certificherà essere ancora in crescita. Il problema è lato offerta, nella proposta di contenuti, spesso di qualità discutibile.
Quello che credo sia successo è che alcuni brand si siano avvicinati a questo strumento di comunicazione convinti che avrebbero potuto trattarlo come uno strumento di advertising “tradizionale”. Salvo poi scoprire che, una volta realizzato un contenuto di loro interesse ma poco rilevante per chi lo avrebbe dovuto ascoltare, i riscontri sono stati ben lontani dalle aspettative.
Si dirà: errori di gioventù. Lo spero, ché il vero rischio è che qualcuno si sia convinto che è il mezzo che non funziona, gettando il bimbo con l’acqua sporca. Insomma, a me pare – ecco perché questo post sbornia non mi dispiace – che si stia uscendo da quella fossa della disillusione teorizzata dalla società di consulenza Gartner mediante il modello Hype Cycle descritto nell’immagine qui sotto, e che ci si stia avviando verso consapevolezza e produttività.
Sì, perché fermo restando quanto sopra, colgo comunque segnali molto incoraggianti. In primis il fatto che le aziende che si sono gettate nell’agone con il corretto mindset non solo continuano a produrre, ma aumentano la quantità delle loro produzioni, a conferma del fatto che non è tanto in discussione l’efficacia del linguaggio audio o quella del formato podcast, ma il come questi vengono usati.
Ulteriore conferma, il trend di crescita di cui è protagonista uno dei nostri servizi, Trinity Audio, la piattaforma Text To Speech sorretta dall’A.I. che abilita editori e produttori di contenuti a creare la loro proposta audio coprendo ogni fase del progetto, dalla creazione alla distribuzione fino alla monetizzazione. Certo, questa è una modalità di produzione di contenuti audio complementare al podcast narrativo tradizionale, ma ribadisce un punto essenziale per lo sviluppo di tutto il contesto digital audio italiano: oltre al podcast, c’è di più.
Buona estate!
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