Qualche giorno fa ha debuttato in TV The last of us, l’attesissima serie tratta dal pluripremiato videogioco sviluppato da Naughty Dog nel 2013. L’uscita è stata accompagnata anche dal lancio di un podcast ufficiale e io, da brava divoratrice di contenuti audio, sono subito andata ad ascoltarlo pregustandomi uno spin off della storia con una trama altrettanto avvincente. Beh, nulla di tutto questo. Il podcast è l’ennesimo conversational autoreferenziale in cui il regista, gli autori, gli interpreti e i componenti vari dello staff si raccontano e raccontano il dietro le quinte della serie TV.
Interessante, forse. Avvincente, anche no.
Dal mio punto di vista, una grandissima occasione mancata. Questo mi ha portato a fare una riflessione: quanto poco ancora crediamo o siamo disposti a investire – sia come brand e come intera industry – su un formato impegnativo come quello dello scripted?
Prima di proseguire, permettetemi una doverosa premessa. Secondo OBE Podcast Committe, lo Scripted Podcast, conosciuto anche come “fiction podcast”, è costituito da una storia di fantasia che si articola in più episodi e stagioni, che vede l’utilizzo di diverse voci, effetti sonori e musiche originali. Di fatto un’evoluzione dei radiodrammi che tenevano le nostre nonne incollate al ricevitore o, per fare un esempio più attuale, una versione audio delle tanto amate serie TV di cui ci cibiamo quotidianamente.
Gli esempi di successo non mancano, ma sicuramente sono ancora pochi rispetto agli innumerevoli contenuti di storytelling e free speech presenti sulle piattaforme. Per citarne qualcuno, non possiamo non ricordare General Electric che con il suo The Message ha coinvolto milioni di ascoltatori e ha fatto scuola per tutti noi che lavoriamo nel settore. Ma anche Mc Donald’s che ha brillantemente risolto una crisi grazie al podcast The Sauce, o BMW che ha creduto nella science fiction e ora è alla seconda stagione di Hypnopolis, un thriller che ci porta dritti nel 2063. Nel settore dell’entertainment, non poteva certo mancare la Marvel che ha cominciato da qualche anno a produrre degli spin off in audio delle sue storie, come per esempio Wolverine – The lost Trail, che racconta un’avventura inedita dell’eroe che successivamente è anche stata adattata a fumetto.
Un forte segnale di fiducia su questo formato lo ha recentemente dato Spotify che, lo scorso autunno, ha prodotto con Gimlet la versione in lingua inglese della serie più ascoltata in America Latina, Caso 63, coinvolgendo come produttori esecutivi e come voci protagoniste, attori del calibro di Julianne Moore e Oscar Isaac.
Anche in Italia possiamo citare qualche esempio, come La disciplina di Penelope, serie tratta al romanzo di Gianrico Carofiglio ma con un adattamento estremamente efficace e ben fatto, Sbaglio strada, cambio vita, il primo Branded Podcast sviluppato a livello nazionale, o ancora Sete – La grande transizione, Zhero o i più recenti Storie nel carrello o L’ascensore.
Certo non sono gli unici, ma sicuramente possiamo affermare che di strada ne dobbiamo ancora fare tanta. Il formato scripted è sicuramente molto impegnativo a livello di produzione e a livello economico, ma il gioco vale decisamente la candela. Soprattutto quando si parla di Branded Content. Le sue potenzialità in termini di coinvolgimento della audience e sviluppo della narrazione sono enormi e – va da sé – la creazione di valore per un brand è da valutarsi a livello di equity di marca, impattando sull’immagine, sull’awareness e creando una relazione di vicinanza e fiducia con il proprio pubblico. Spero che presto potremo lasciarci alle spalle il retaggio che il Branded Podcast sta scontando, ovvero l’essere valutato come una qualsiasi attività promozionale online, dove sono importanti solo il numero di ascolti e la conversion. Se questi sono i parametri – lo sapete quanto me – il podcast non compete con una classica pianificazione display. Ma se valutiamo la creazione di una community fedele e appassionata, di una relazione in cui il brand non è vissuto come elemento disturbatore ma come chi di fatto offre un intrattenimento che l’audience cerca e vuole ascoltare, non siamo secondi a nessuno.
Lo spero come professionista del settore, ma soprattutto come ascoltatrice.
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